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Proprietà di un moto di un corpo in caduta libera

Galileo Galilei pensava che una volta capito il moto di caduta libera di un corpo, si potessero interpretare anche gli altri moti.

Galileo afferma che le molte proprietà di un moto di un oggetto che cade non si conoscono o non sono state analizzate.

Ipotesi:   Un corpo che cade subisce degli incrementi costanti di velocità nel tempo. Cosa analoga a ciò che succede nel moto rettilineo uniforme con lo spazio.


Spesso situazioni fisiche che appaiono complesse non lo sono, oppure è possibile trovare dei principi di conservazione, tramite i quali si può ignorare il variare dei dati all’interno del sistema in esame (es. se c’è un corpo con un peso di 50 N che cade da una altezza di 0,8 m, all’inizio la sua energia potenziale è di 50 N x 0,8 m = 40 J, quando il corpo è arrivato a terra, in un ambiente vuoto, avrà un’energia cinetica 40 J qualsiasi sia la traiettoria).

Inoltre a Galileo non interessa la causa della caduta di un corpo,
ma gli interessa innanzitutto studiarne le proprietà.

Esperimento: Galileo non poteva sperimentare direttamente la sua ipotesi, perché il tempo impiegato da un oggetto a cadere è estremamente piccolo, ed in quel periodo possedevano solo orologi ad acqua e il pendolo inventato dallo stesso Galileo.

Procedimento matematico: Dato che in un moto uniformemente accelerato la velocità varia continuamente, Galileo affermò che si poteva definire la velocità media come la semisomma tra la velocità finale e quella iniziale

Poiché Galileo voleva ottenere una relazione indipendente dalla velocità sostituisce la definizione di accelerazione che aveva precedentemente dato, con una dimostrazione evidenziata successivamente. Il risultato è la nota legge oraria del moto uniformemente accelerato.
Anche l’equazione ottenuta però non permetteva di verificare se un corpo che cade si muove con accelerazione costante.

Esperimento: Galilei pensa di verificare il moto su di un piano poco inclinato, molto levigato (anche con l’applicazione di carta pecora zannata), facendovi rotolare una sfera e poi inclinandolo fino ad arrivare ad un piano verticale, Per i motivi già spiegati, l'esperimento fu realizzato solo per minime pendenze ed estrapolato per le altre.

Nella descrizione dell’esperimento di Galileo nel libro “Le due nuove scienze” si nota come Galileo non tralasci nessun particolare, ma ci fornisca anche le misure del piano inclinato: lungo 12 braccia, largo 3 dita, e ½ braccio (7,2 m, 5 cm, 0,3 m)

Con gli esperimenti citati Galilei trova che l’accelerazione è proporzionale al coseno dell’angolo, ovvero, se l’angolo d’inclinazione è costante, risulta costante anche il rapporto tra lo spazio percorso e il quadrato del tempo impiegato a percorrerlo (s/t2=costante), e questo rapporto cambia per ciascun angolo.

Conclusioni: Se per gli angoli con cui Galileo poté calcolare l’accelerazione (Max. 6°), risulta sempre costante di rapporto s/t2, anche per un angolo di 90° deve valere lo stesso risultato e ciò equivale ad un corpo in caduta libera.

Alcuni, al suo tempo, obbiettarono proprio questa esagerata operazione mentale di portare il piano a 90°, inoltre rilevarono che la sfera dopo un certo angolo comincia a strisciare oltre che rotolare. Galileo non fece alcun esperimento con blocchi che
strisciano, ma avrebbe verificato che il rapporto s/t2 è ugualmente costante.


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